Negli anni 1973 - 1975, come collaboratore del prestigioso Istituto di Antropologia e Paleontologia umana dell’Università di Pisa, guidato dal prof. Mario Radmilli, ho avuto modo di effettuare interessanti scoperte di accampamenti dell’uomo antico del Paleolitico Medio in varie località del versante sud del Gran Sasso e in particolare nella piana di Campo Imperatore.
Fra i più importanti stanziamenti di superficie, di 100 mila-50 mila anni fa, spicca quello rinvenuto nel demanio alto di Santo Stefano di Sessanio, a quota 1.553 m, in località Il Prato, interessata da un piccolo stagno, adagiato in una tipica depressione carsica, che i geologi, con voce serbo-croata chiamano Polje.
Il sito si trova a solo due Km di distanza dai resti più bassi dei circoli glaciali, propaggini di un possente ghiacciaio, lungo 10,5 Km, del Würm I e II, situate a quota 1.600 m, ad Oriente della Fossa di Paganica.
Durante il Würm I, l’area de Il Prato rappresentava l’estremo lembo meridionale di un grande lago periglaciale, che ha interessato una buona parte della depressione tettonica di Campo Imperatore, dalle Coppe di S. Stefano, presso la Fossa di Paganica, al bivio della Statale 17 bis per Vado di Sole e da qui al Lago Racollo.
La ricchezza, più che altrove nelle zone limitrofe, dei reperti di superficie in selce a Il Prato (3.000 selci, fra cui 220 strumenti e 480 scarti di lavorazione), si spiega appunto per la sua maggiore accessibilità da parte dei cacciatori, a cultura musteriana, che venivano quassù, durante la buona stagione, dai pianori sottostanti, in particolare dal Piano di Capestrano, nelle cui adiacenze, nel Riparo de I Grottoni di Calascio, a quota 670 m, ebbi la ventura di rinvenire, il 15 giugno del 1979, il primo fossile umano d’Abruzzo, di circa 80 mila anni fa.
Gli animali cacciati sulle alte quote della montagna di Santo Stefano, estrapolando da la fauna de I Grottoni, dovevano essere prevalentemente camosci, caprioli e uccelli, come anatidi, fagiani, coturnice, gracchio corallino e gracchio alpino.
Il clima dell’ultima glaciazione vürmiana fu particolarmente rigido. Basti pensare che nell’area del Gran Sasso il limite delle nevi perenni, che attualmente è di poco superiore ai 3.000 m, era allora 1.200 m più basso, tanto che alla quota di 670 m. de I Grottoni di Calascio, v’era un clima montano paragonabile a quello attuale di Campo Imperatore, per cui, come è stato riscontrato con gli scavi, vi poteva albergare anche la marmotta.